Intervento di ristrutturazione edilizia

Arch. Esther Tattoli

Si tratta di un intervento di ristrutturazione edilizia consistente in un edificio residenziale e piano terra commerciale, costruito sul sedime di un fabbricato preesistente abbandonato, ultimo avamposto della vecchia periferia della città di Corato, che oggi ha assunto il ruolo di nuova centralità nei quartieri di espansione lungo la direttrice del Castel del Monte.

Dal punto di vista architettonico, uno dei temi affrontati è stata la progettazione di un edificio contemporaneo all’interno di un contesto edilizio eterogeneo dominato dalla sagoma della chiesa adiacente, e che si ponesse in continuità con la memoria del vecchio fabbricato. Tale edificio, pur non essendo di pregio architettonico, rappresentava un elemento di riconoscibilità nella città, in quanto si trattava del primo edificio che fino agli anni ’40 definiva l’ingresso in città provenendo dall’area della Murgia, e che ne riportava in grande la quota altimetrica della città stessa disegnata sulle murature in tufo. Da qui l’uso di materiali legati alla tradizione locale, come la pietra di Trani, e il richiamo a codici linguistici basati sull’articolazione di volumi essenziali, che si sovrappongono e si incastrano, accentuati dalle ombre e dalla luce intensa del Sud.

Il gioco dei volumi definisce lo spazio delle ampie verande, circondate dal verde pensile, verso cui si aprono gli spazi interni dei soggiorni: le grandi vetrate a tutta altezza permettono un costante rimando tra dentro e fuori, dilatando la percezione dello spazio. Gli arbusti e le essenze autoctone distribuite lungo il perimetro rappresentano dunque il vero filtro tra la dimensione domestica e quella “urbana” della città, in un gioco di colori, profumi, luci ed ombre che richiamano il carattere mediterraneo del luogo.

Elemento centrale del progetto è il terrazzo condominiale, attrezzato in copertura con servizi e doccia esterna, postazioni dati, sedute realizzate su disegno ed un sistema di verde ombreggiante e di arbusti. È destinato all’uso di tutti i condomini, pensato come il luogo della condivisione, della sosta e di un possibile smart working all’aperto, riprendendo in chiave contemporanea la tradizione storica mediterranea, e tipicamente coratina, dei terrazzi attrezzati con servizi comuni e lavatoi, dove giocavano i bambini e le donne sciorinavano i panni, dove si tessevano le fila di un microcosmo sociale che identificava una piccola comunità. La rimanente parte della copertura è destinata ai pannelli fotovoltaici, che coprono il fabbisogno di ciascuna unità abitativa consentendo di eliminare totalmente il consumo del gas nell’intero edificio.

La progettazione impiantistica e quella strutturale antisismica sono state perfettamente integrate in quella architettonica, in modo che l’articolazione di alcuni volumi esterni sia finalizzata ad alloggiare macchine e tubazioni, consentendone un’ agevole manutenzione e flessibilità di trasformazione degli spazi interni. Ogni unità abitativa è servita da un generatore per la termo-refrigerazione degli ambienti e la produzione di acqua calda sanitaria, costituto da pompa di calore ad alta efficienza energetica e terminali costituiti da pannelli radianti a pavimento per il riscaldamento e ventilconvettori per il raffrescamento estivo; Infine, l’edificio è fornito di un sistema di canali di raccolta e riutilizzo delle acque meteoriche ricadenti sul lastrico solare, che saranno riutilizzate per l’irrigazione del verde situato sui balconi degli appartamenti e sulla copertura condominiale. Tutti i corpi illuminanti sono previsti a led, a basso consumo, e a basso impatto ambientale.

L’esperienza della pandemia ha messo in evidenza la fragilità dell’uomo e di quelle regole codificate dal tempo e dall’uso su cui negli ultimi decenni quell’uomo ha definito luoghi e tempi intorno ai quali si è identificato lo spazio della “abitazione” e lo spazio della “città”. Fragilità non significa “debolezza”, piuttosto si associa al concetto del “prendersi cura”, e il prendersi cura induce ad una diversa attenzione verso l’oggetto fragile, induce, per un architetto, ad una riflessione consapevole sui reali bisogni dell’uomo in relazione ai suoi spazi e ai suoi luoghi di vita. Questa relazione è stata stravolta a seguito dell’isolamento di fronte ad uno spazio pubblico negato e ad uno spazio privato che si è dimostrato assolutamente inadeguato alle diverse funzioni cui era chiamato.

L’intervento, dunque, è stato il frutto di una serie di riflessioni incentrate sul ruolo del progetto di architettura e la sua valenza sociale, proprio in termini di “qualità della vita” quale strumento per attuare la trasformazione del futuro della città, cominciando dal suo nucleo più intimo: la casa.

Un ruolo importante assume l’uso del verde come elemento strutturante del progetto. Le grandi aperture finestrate traguardano in tutta la loro lunghezza le essenze arboree che perimetrano le terrazze, in modo da creare un filtro naturale tra la strada e lo spazio della casa, richiamando colori e profumi tipici della vegetazione mediterranea, che si modificano al variare delle stagioni. l’idea è quella di contribuire ad un benessere psicologico oltre che fisico, accentuando rafforzando attraverso sensazioni ed odori il valore identitario del luogo ed il senso di appartenenza alla propria terra. Le essenze arboree, tutte autoctone, si differenziano da piano a piano, creando un gioco variegato di effetti mutevoli sui prospetti in funzione delle stagioni. L’edificio, dunque, assume una funzione identitaria anche nel contesto urbano in cui è inserito, creando una sorta di continuità con l’area dei giardini della chiesa, che si allunga sul confine sul fronte a sud.

L’architettura dell’edificio non è negata dalla presenza del verde in facciata ma si integra con essa, arricchendosi di sfumature e cromatismi. I volumi essenziali dei corpi di fabbrica, le intersezioni e gli aggetti degli elementi architettonici, le geometrie definite dalle linee di prospetto, rievocano il linguaggio essenziale della architettura mediterranea, accentuato dal gioco di luci ed ombre e dal rigore di semplici modanature che scansionano il ritmo delle bucature. Il progetto si inserisce perfettamente in quella ricerca continua che è stata condotta negli anni professionalmente verso un equilibrio tra contemporaneità e tradizione, nuove esigenze abitative e valore identitario dei luoghi, consapevoli del ruolo sociale dell’architetto nell’attuare la trasformazione del futuro della città e della vita nella città.

Tutte le scelte progettuali architettoniche sono state attuate attraverso la sinergia e l’integrazione delle esigenze strutturali e impiantistiche, con il comune obiettivo di raggiungere una elevata qualità in riferimento alla compatibilità ambientale e sostenibilità, minimizzando i consumi di energia e delle risorse naturali in genere, e contenendo gli impatti complessivi sull’ambiente e sul territorio, a favore degli abitanti e della società. Il fabbricato è certificato secondo il Protocollo Itaca Puglia 2017 con punteggio pari a 3,10.

Progettare in termini di “qualità della vita” ha significato per tutto il team mirare a garantire il benessere e la salute degli occupanti, in termini fisici e psicologici, di sicurezza e socialità, convinti che il benessere e la salute degli occupanti si ripercuota positivamente sulle altre sfere della vita quotidiana e dell’intera comunità.

Esther Tattoli Architetto

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